Energia, clima e sostenibilità. Primato europeo e tramonto dei fossili
L'edizione annuale del World Energy Outlook dell'IEA, diffusa il 24 ottobre (1), aggiorna come di consueto i valori del fabbisogno energetico, mondiale, per aree regionali e singoli Paesi, stimati al 2030, 2035, 2040 e 2050, secondo i tre scenari:
STEPS (STated Energy Policies Scenario - delle politiche dichiarate), APS (Announced Pledges Scenario - degli impegni annunciati), e NZE (Net Zero Emissions - delle emissioni nette zero entro il 2050), ponendoli a confronto con i dati consolidati del 2010, 2021, 2022.
Di nuovo il rapporto afferma che il "picco" delle fonti fossili è sempre più vicino, avvertendo, tuttavia, che ora i consumi globali di petrolio, gas naturale e carbone raggiungeranno il loro valore massimo prima del 2030.
Ciò anche in assenza di un ulteriore inseverimento delle politiche climatiche, perché il trend è tale, ormai, che dopo tale massimo, una dopo l'altra, la domanda dei tre vettori energetici tradizionali è destinata a scendere, più o meno rapidamente entro il decennio, anticipatamente rispetto a quanto sin qui previsto da vari osservatori.
Il fattore di fondo che aziona e accelera la transizione è la grande entità raggiunta e in continua crescita degli investimenti nella realizzazione di infrastrutture, impianti e componenti di sfruttamento delle fonti rinnovabili. Attualmente 1300 miliardi di dollari annui (1500-1700, secondo altre valutazioni), che nello scenario STEPS supereranno i 2000 entro il 2030 (ma che dovrebbero arrivare a 4000 in quello NZE).
Una cifra che porta a prevedere l'aumento della capacità globale installata al 2030 di 4,2 TW (la stima di quest'anno è di + 0,5 TW), rispetto ai 2,8 indicati l'anno scorso dal WEO 2022.
A questo si aggiunge il progressivo incremento dell'efficienza nella produzione e consumo dell'energia, l'elettrificazione degli usi energetici e la tendenza a ridurre l'utilizzo del carbone, sostituito progressivamente da energia verde e nucleare. Specie da parte di grandi consumatori, come Cina e India, agevolata nel Paese di Mezzo dal rallentamento della sua economia.
Il WEO ritiene, pertanto, che l'uso del carbone subirà una contrazione rapida, arrivando in pochi anni al suo picco, secondo uno studio dell'Energy Watch Group già nel 2025, e iniziando poi per primo a diminuire.
Più lento sarà l'abbandono dell'impiego del petrolio, capillarmente diffuso e principale vettore della mobilità, il cui consumo raggiungerà il valore massimo per secondo, pochi anni dopo, comunque entro fine decade, mantenendosi tuttavia ancora molto consistente fino a metà secolo, quando il declino inizierà a diventare più significativo.
Una valutazione non condivisa dall'OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries), secondo la quale la richiesta continuerà a crescere ben oltre il 2030, arrivando al picco nel 2045. Il driver primario del calo del petrolio è la necessità di innovare il sistema dei trasporti, per tutelare atmosfera e clima e rendere sostenibile il comparto, modificando i propulsori e i vettori energetici che li azionano, sostanzialmente energia elettrica ed e-fuels.
Una grande spinta in tal senso la dà il deterioramento della qualità dell'aria, del cui inquinamento è responsabile per il 90% il settore energetico, con circa 6 milioni di decessi annui anticipati.
Un cambiamento del trasporto notoriamente già in corso e consolidato, di cui dà riscontro l'ingente crescita dei veicoli elettrici che abbasserà la domanda di carburanti liquidi, stabilizzando quella del petrolio e determinandone, come detto, la successiva lenta flessione.
Al proposito l'Outlook segnala che dal 2020 ad oggi le auto elettriche acquistate globalmente all'anno sono salite da 1 su 25 a 1 su 5. Precisamente dal 4% al 18%, quota che salirà al 38% a fine decade, e porta l'esempio degli USA, dove si prevede che le nuove auto immatricolate nel 2030 saranno per il 50% elettriche.
Più longevo sarà l'utilizzo del gas naturale, che giungerà al picco per terzo, sempre però entro il decennio, sostenuto dall'essere considerato la fonte fossile meno impattante per accompagnare la transizione energetica.
Lo testimonia l'inserimento nella tassonomia europea, il cui regolamento, oggetto di altro articolo in questo numero della rivista, è stato recentemente integrato. A seguito di tale caratteristica e della sua grande flessibilità d'uso, la diffusione del gas cresce dal 2011, ma il WEO ritiene che pure in questo caso il consumo raggiungerà un massimo entro il 2030.
Complice l'aumento dell'efficienza energetica e del ricorso alle fonti rinnovabili e il crescente taglio dei consumi in Europa, e altrove, che ha fatto seguito all'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa.
Dopo tante discussioni, intensificate dai primi studi commissionati dal Club di Roma (2), che continuano a impegnare negazionisti e catastrofisti in accesi dibattiti anche sull'esauribilità e il picco di consumi delle fonti fossili, saremmo arrivati, dunque, a un "redde rationem".
A una svolta storica che sta riconfigurando il sistema energetico, con l'effetto che nel 2030 l'elettricità prodotta a livello globale sarà verde per quasi la metà, sul 30% di oggi, e che il contributo complessivo delle fonti fossili al mix energetico mondiale scenderà al 73%, dall'oltre 80, su cui è rimasto fermo per decenni, portandosi a circa il 60 a metà secolo.
Valori che sorprendono, forse non più di tanto, stante la mole degli investimenti di cui si è detto, già cresciuti del 40% dal 2020, ma la rapidità del cambiamento previsto in sette anni è indubbiamente impressionante.
Basti pensare che l'Outlook stima che nel 2030 le fonti rinnovabili assicureranno i 4/5 circa della nuova capacità di generazione elettrica, con il solare che da solo costituirà la metà di questa espansione, valutata in base allo scenario STEPS, quindi come valore minimo.
Una velocità che ci trova insufficientemente preparati ad affrontare la fase successiva, anche perché siamo ancora troppo divisi e schierati su dottrine e posizioni contrapposte. Pensieri che mancano a volte di concretezza. Di un realismo che il WEO 2023 richiama, ricordando che, nonostante il prossimo avvicinarsi del massimo di consumo dei fossili, gli investimenti nella ricerca e produzione di gas e petrolio devono proseguire.
Ciò allo scopo di assicurare la continuità e la diversificazione delle forniture di energia ed evitare l'ulteriore acuirsi delle tensioni economiche e geopolitiche in atto, già di per sé molto gravi. In ogni caso, sottolinea il Rapporto, la progressiva uscita di scena di carbone, petrolio e gas naturale potrà non bastare per contenere entro 1,5°C il surriscaldamento globale a fine secolo.
Ciò pure nello scenario NZE, cioè triplicando al 2030 la capacità installata di rinnovabili, raddoppiando l'efficienza energetica, riducendo di ¼ la domanda di energia fossile e di ¾ il rilascio nell'aria del metano. Tanto più in quello STEPS che lo stima addirittura in 2,4°C (1,7°C nello scenario intermedio APS).
Edifici, industria e trasporti
Per gli edifici, su cui interviene anche la direttiva efficienza 2023/1791 (3), la nuova RED fissa il target vincolante (per la prima volta) di un aumento annuo dello 0,8% della quota verde di energia consumata nella loro climatizzazione, fino al 2026, e dell'1,1% dal 2026
Ciò anche in assenza di un ulteriore inseverimento delle politiche climatiche, perché il trend è tale, ormai, che dopo tale massimo, una dopo l'altra, la domanda dei tre vettori energetici tradizionali è destinata a scendere, più o meno rapidamente entro il decennio, anticipatamente rispetto a quanto sin qui previsto da vari osservatori.
Il fattore di fondo che aziona e accelera la transizione è la grande entità raggiunta e in continua crescita degli investimenti nella realizzazione di infrastrutture, impianti e componenti di sfruttamento delle fonti rinnovabili. Attualmente 1300 miliardi di dollari annui (1500-1700, secondo altre valutazioni), che nello scenario STEPS supereranno i 2000 entro il 2030 (ma che dovrebbero arrivare a 4000 in quello NZE).
Una cifra che porta a prevedere l'aumento della capacità globale installata al 2030 di 4,2 TW (la stima di quest'anno è di + 0,5 TW), rispetto ai 2,8 indicati l'anno scorso dal WEO 2022.
A questo si aggiunge il progressivo incremento dell'efficienza nella produzione e consumo dell'energia, l'elettrificazione degli usi energetici e la tendenza a ridurre l'utilizzo del carbone, sostituito progressivamente da energia verde e nucleare. Specie da parte di grandi consumatori, come Cina e India, agevolata nel Paese di Mezzo dal rallentamento della sua economia.
Il WEO ritiene, pertanto, che l'uso del carbone subirà una contrazione rapida, arrivando in pochi anni al suo picco, secondo uno studio dell'Energy Watch Group già nel 2025, e iniziando poi per primo a diminuire.
Più lento sarà l'abbandono dell'impiego del petrolio, capillarmente diffuso e principale vettore della mobilità, il cui consumo raggiungerà il valore massimo per secondo, pochi anni dopo, comunque entro fine decade, mantenendosi tuttavia ancora molto consistente fino a metà secolo, quando il declino inizierà a diventare più significativo.
Una valutazione non condivisa dall'OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries), secondo la quale la richiesta continuerà a crescere ben oltre il 2030, arrivando al picco nel 2045. Il driver primario del calo del petrolio è la necessità di innovare il sistema dei trasporti, per tutelare atmosfera e clima e rendere sostenibile il comparto, modificando i propulsori e i vettori energetici che li azionano, sostanzialmente energia elettrica ed e-fuels.
Una grande spinta in tal senso la dà il deterioramento della qualità dell'aria, del cui inquinamento è responsabile per il 90% il settore energetico, con circa 6 milioni di decessi annui anticipati.
Un cambiamento del trasporto notoriamente già in corso e consolidato, di cui dà riscontro l'ingente crescita dei veicoli elettrici che abbasserà la domanda di carburanti liquidi, stabilizzando quella del petrolio e determinandone, come detto, la successiva lenta flessione.
Al proposito l'Outlook segnala che dal 2020 ad oggi le auto elettriche acquistate globalmente all'anno sono salite da 1 su 25 a 1 su 5. Precisamente dal 4% al 18%, quota che salirà al 38% a fine decade, e porta l'esempio degli USA, dove si prevede che le nuove auto immatricolate nel 2030 saranno per il 50% elettriche.
Più longevo sarà l'utilizzo del gas naturale, che giungerà al picco per terzo, sempre però entro il decennio, sostenuto dall'essere considerato la fonte fossile meno impattante per accompagnare la transizione energetica.
Lo testimonia l'inserimento nella tassonomia europea, il cui regolamento, oggetto di altro articolo in questo numero della rivista, è stato recentemente integrato. A seguito di tale caratteristica e della sua grande flessibilità d'uso, la diffusione del gas cresce dal 2011, ma il WEO ritiene che pure in questo caso il consumo raggiungerà un massimo entro il 2030.
Complice l'aumento dell'efficienza energetica e del ricorso alle fonti rinnovabili e il crescente taglio dei consumi in Europa, e altrove, che ha fatto seguito all'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa.
Dopo tante discussioni, intensificate dai primi studi commissionati dal Club di Roma (2), che continuano a impegnare negazionisti e catastrofisti in accesi dibattiti anche sull'esauribilità e il picco di consumi delle fonti fossili, saremmo arrivati, dunque, a un "redde rationem".
A una svolta storica che sta riconfigurando il sistema energetico, con l'effetto che nel 2030 l'elettricità prodotta a livello globale sarà verde per quasi la metà, sul 30% di oggi, e che il contributo complessivo delle fonti fossili al mix energetico mondiale scenderà al 73%, dall'oltre 80, su cui è rimasto fermo per decenni, portandosi a circa il 60 a metà secolo.
Valori che sorprendono, forse non più di tanto, stante la mole degli investimenti di cui si è detto, già cresciuti del 40% dal 2020, ma la rapidità del cambiamento previsto in sette anni è indubbiamente impressionante.
Basti pensare che l'Outlook stima che nel 2030 le fonti rinnovabili assicureranno i 4/5 circa della nuova capacità di generazione elettrica, con il solare che da solo costituirà la metà di questa espansione, valutata in base allo scenario STEPS, quindi come valore minimo.
Una velocità che ci trova insufficientemente preparati ad affrontare la fase successiva, anche perché siamo ancora troppo divisi e schierati su dottrine e posizioni contrapposte. Pensieri che mancano a volte di concretezza. Di un realismo che il WEO 2023 richiama, ricordando che, nonostante il prossimo avvicinarsi del massimo di consumo dei fossili, gli investimenti nella ricerca e produzione di gas e petrolio devono proseguire.
Ciò allo scopo di assicurare la continuità e la diversificazione delle forniture di energia ed evitare l'ulteriore acuirsi delle tensioni economiche e geopolitiche in atto, già di per sé molto gravi. In ogni caso, sottolinea il Rapporto, la progressiva uscita di scena di carbone, petrolio e gas naturale potrà non bastare per contenere entro 1,5°C il surriscaldamento globale a fine secolo.
Ciò pure nello scenario NZE, cioè triplicando al 2030 la capacità installata di rinnovabili, raddoppiando l'efficienza energetica, riducendo di ¼ la domanda di energia fossile e di ¾ il rilascio nell'aria del metano. Tanto più in quello STEPS che lo stima addirittura in 2,4°C (1,7°C nello scenario intermedio APS).
Edifici, industria e trasporti
Per gli edifici, su cui interviene anche la direttiva efficienza 2023/1791 (3), la nuova RED fissa il target vincolante (per la prima volta) di un aumento annuo dello 0,8% della quota verde di energia consumata nella loro climatizzazione, fino al 2026, e dell'1,1% dal 2026
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Fonte: La Termotecnica novembre 2023
Settori: Abbattimento inquinanti, Ambiente, Cambiamento climatico, Energia, Termotecnica industriale
- CATF Clean Air Task Force
- Antonio Panvini
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